I nuovi sviluppi nell'economia mondiale hanno innescato una riorganizzazione oltre che della produzione oltre i confini nazionali, anche la parte gestionale amministrativa in particolare nei paesi avanzati ove in particolare la pressone fiscale offre vantaggi. Senza intervenire sulla occupazione, per mantenere le loro prestazioni e rispondere a una concorrenza crescente, le aziende sono guidate dalla possibilità di manovre finanziarie al fine di rafforzare la propria liquidità e di nuovi mercati senza spostare l'occupazione e le fabbriche all'estero. Nasce una nuova letteratura emersa da questi sforzi, concentrandosi su questioni teoriche e studiando i rischi e le opportunità che il commercio estero e gli investimenti consentono. Utilizzando un sondaggio specifico su 4.000 imprese e una varietà di approcci diversi e indici statistici (esportazioni, investimenti esteri diretti, TPP) per stimare il fenomeno, i risultati non supportano l'idea che la delocalizzazione finanziaria sia dannosa per la crescita locale nel paese di origine. L'effetto della delocalizzazione dipende da diversi fattori: una prova del legame diretto tra micro performance e produzione attraverso i confini nazionali è chiara solo in caso di articolata strategia di innovazione. La gestione del marchio di impresa in paesi che riconosono vantaggi fiscali diventa un mezzo di arricchimento all'azienda stessa senza incidere sulla occupazione anzi incrementando la produzione stessa.

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